La Colonia marina Novarese di Miramare #02 - Il Palloncino Rosso
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La Colonia marina Novarese di Miramare #02

La Colonia marina Novarese di Miramare #02

 

In che condizioni era la Novarese nell’immediato Dopoguerra?

Nell’Archivio di Stato di Rimini sono conservate le perizie del Genio Civile, datate 1951 e a cura dell’ing. Gros (lo stesso che aveva diretto i lavori di costruzione della colonia), per la quantificazione dei danni di guerra e conseguente ripristino della funzionalità degli edifici.

L’insieme della colonia era costituito da: edificio principale; due padiglioni esterni (infermeria e isolamento); una cabina al mare (con impianto elettrico e sanitario); una casetta con gli alloggi del personale maschile (demolita).

I danni maggiori si potevano ravvisare soprattutto nelle parti murarie in cemento armato e negli infissi in ferro «tutti da rifare». L’ossatura principale tuttavia era rimasta intatta, nonostante «tutti i bombardamenti possibili per qualità e quantità». Ma le cause primarie dei danni, a parere di Gros, erano state l’occupazione degli eserciti in transito ed i saccheggi: l’attrezzatura, sia fissa che mobile, era stata completamente asportata, così come le tubature dell’acqua!

Al piano terra, i muri erano stati demoliti per permettere il ricovero dei mezzi pesanti: «talmente pesanti che hanno provocato l’avvallamento del pavimento». All’esterno, del parco di pini, pioppi e alberi da frutta non rimaneva più nulla, se non depositi di ghiaia e basamenti di baracche.

Interessanti le sue osservazioni riguardo alcuni ambienti della colonia durante il periodo fascista: ad esempio le camerate, giudicate troppo affollate, con insufficiente aereazione, le cui tende non garantivano adeguato oscuramento della luce e mitigazione del calore esterno. Oppure le terrazze, la cui copertura impermeabilizzante rendeva troppo caldi i dormitori sottostanti.

Tra le proposte di riadattamento della Novarese, merita senz’altro un cenno lo spostamento del refettorio al piano terra, per agevolare il trasporto delle vivande e l’accesso degli ospiti e rendere così superfluo il montacarichi. Conseguentemente, il primo piano doveva essere interamente adibito a dormitorio, mentre l’eliminazione del sacrario aumentava lo spazio comune. Avendo incrementato il numero delle camerate, si risolveva anche il problema del sovraffollamento: essendo prevista infatti una minore capienza, rispetto al periodo fascista, si sarebbero create delle zone ad uso soggiorno.

Due dei problemi maggiori, l’oscuramento delle camerate e la protezione delle vetrate (eccessivamente esposte alle intemperie), venivano risolti con l’installazione di serrande avvolgibili.

Per la sistemazione dell’intero complesso, i lavori di fognatura e riordino del parco, di progettazione e direzione, Gros fece due proposte, entrambe di poco superiori ai 150 milioni di lire: una per il ripristino nella situazione anteguerra, l’altra che contemplava un nuovo utilizzo della colonia.

La differenza era che col nuovo progetto erano previste maggiori spese per la lavanderia (macchinari più moderni) e per gli impianti sanitari; sulle altre voci e in particolare: i termosifoni (non si prevedeva più l’uso durante l’inverno), l’ascensore, l’impianto elettrico e telefonico, il frigorifero, il forno e la panetteria, si sarebbero dovute produrre delle economie, necessarie per rientrare nel budget. Anche perché alcuni interventi erano ritenuti indifferibili: l’isolamento termico delle terrazze, la sostituzione degli infissi e l’installazione di un avancorpo sulla facciata, con la funzione di creare una scala a doppia rampa al piano terra e ulteriori terrazze ai piani superiori. Inoltre era prevista la modifica della torretta, la cui forma era ritenuta non del tutto funzionale.

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, presa visione della relazione, rideterminò l’importo dei lavori in 143 milioni, considerando le agevolazioni fiscali per la riparazione dei danni di guerra. Inoltre apportò delle modifiche al nuovo progetto, che il Commissariato Gioventù Italiana di Novara voleva portare avanti: vennero bocciati infatti l’avancorpo sulla facciata e la modifica della torre centrale; allo stesso tempo, si consigliò di installare più ascensori.

Il Provveditorato dei Lavori Pubblici dell’Emilia-Romagna approvò quindi un primo stralcio di lavori di somma urgenza, per rendere la colonia nuovamente fruibile e sicura, per un totale di circa 20 milioni:

  • per quanto riguarda l’edificio principale, consolidamento della struttura portante in cemento armato e dei solai e rifacimento delle terrazze (impermeabilizzazione e isolamento termico) e del pavimento nel refettorio (piastrelle in gres);
  • ripristino totale del padiglione infermeria e della cabina per i servizi in spiaggia;
  • ripristino della sola impermeabilizzazione nel padiglione isolamento, in quanto si prevedeva il ricovero nei vicini ospedali per gli eventuali casi di infezione;
  • infine, riguardo alle opere esterne, rimessa in funzione della rete di fognature.

 

In questo modo si assicurava la prosecuzione dell’attività della colonia, seppur in modo parziale, evitando al contempo ulteriori danneggiamenti, dovuti in particolare alle infiltrazioni d’acqua.

Fonte: Fondo Genio Civile, b. 278, fasc. 265-268, 1951-1952 (Archivio di Stato di Rimini)
Immagini: Archivio Davide Minghini, Biblioteca Gambalunga