L'Ospedale militare "X Legio" #02 - Il Palloncino Rosso
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L’Ospedale militare “X Legio” #02

L’Ospedale militare “X Legio” #02

 

«Fede patriottismo e arte nei nostri ospedali militari»: così titolava il Corriere padano il 15 gennaio 1942. Quindi proseguiva: «Spesso per loro iniziativa, sempre mercè la valida, zelante collaborazione dei cappellani militari degli ospedali territoriali della nostra Riviera, i feriti di guerra ivi ospitati assistono a funzioni religiose, a manifestazioni di fervido patriottismo ed a mattinate artistiche varie». L’articolo esaltava le doti umane dei religiosi assegnati ai vari ospedali, molti dei quali ex colonie: qui si faceva anche il nome del cappellano del “Decima Legio”, tale Pachin. Ma sappiamo che anche don Giuseppe Cesari, per tanti anni parroco di S. Maria in Casalecchio a Miramare, fu cappellano di quell’ospedale.
I gesti di patriottismo invece consistevano essenzialmente nei doni offerti ai soldati ricoverati, da parte soprattutto dei Fasci femminili, dal Dopolavoro comunale e da diversi enti e privati cittadini. Ma vi erano anche, come già accennato nell’ultimo articolo, momenti artistici: proiezioni di film, rappresentazioni teatrali e concerti. Alcuni degli artisti che giravano nei vari ospedali della Riviera erano al tempo anche piuttosto famosi: ad esempio «la celebre artista lirica Irene Minghini Cattaneo», mezzosoprano, scomparsa poi tragicamente nel 1944 durante un bombardamento proprio a Rimini. E soprattutto «una grande amica dei bravi soldati: donna Sandra Borsalino, che ad essi fa ascoltare, nella esecuzione di canzoni e romanze, sempre calorosamente applaudite, la sua voce dal timbro dolcissimo che esalta e commuove, e generosissimamente dona parole di incoraggiamento».
Ci riferiamo ad Alessandra Drudi (1878-1961), nativa del ravennate ma dal 1925 residente nel riminese a Villa Verucchio, la quale sposò il proprietario della nota fabbrica di cappelli (da cui appunto il cognome). Tuttavia è passata alla storia col nome d’arte che le diede D’Annunzio, ovvero Gea della Garisenda: il suo maggior successo rimane la canzone Tripoli bel suol d’amore.
Dell’ospedale Decima Legio (ex Colonia Bolognese) si sa ben poco: il passaggio, come detto, avvenne molto probabilmente nel mese di marzo del 1941, quando furono trasferiti i bimbi libici. Una conferma proviene dalla rivista Memorie domenicane, dove si legge che a quella data «quindici Suore Domenicane infermiere, mandate dalla Casa Generalizia di via degli Artisti, Roma, chieste dal Ministero per dirigere l’Ospedale Militare Territoriale X Legio di Miramare» prestavano già servizio. La stessa fonte riferiva anche della immancabile visita del Duce (26 giugno).
Quello stesso anno l’insieme di edifici venne acquisito dalla Gioventù Italiana del Littorio.
L’8 settembre 1943 fu occupato dai Tedeschi, poi dopo la Liberazione passò agli Alleati che l’adibirono ad ospedale per prigionieri tedeschi, quindi a deposito materiali. Nel giugno 1947 fu finalmente restituito all’Autorità militare italiana e quindi alla Gioventù Italiana.
E’ probabile che qui fossero internati i Corpi femminili di sabotaggio e spionaggio della Repubblica di Salò, secondo quanto riferito da Giovanni Quondamatteo in un articolo apparso su L’unità il 23 luglio 1947.

(Fonti: Corriere padano, 15/1/1942; Ariminum, n. 6/2006; Memorie domenicane, settembre-ottobre 1941; Giornale dell’Emilia, 13/8/1948; si ringrazia la Biblioteca civica Gambalunga – Rimini)